29 ott 2016

AGONIA DEL GABBIANO

Dalla banchina di un Porto
vidi l' ultimo ansimo battito 
e respiro moribondo di
un angelo disteso a terra.
Distratto dall' evento nel
frattempo in frenata brusca
mi avvicinai curiosamente
al pennuto in dipartita.
i passanti nell' assisterlo mi
commossero profondamente.
In ginocchio nell' accudirlo
alla ala malconcia poggiata,
m' accorsi del suo soffocare
doloroso di bianco pallido.
Cercai di supporto donare
al figlio del vento giacente
in agonia e violenti spasmi.
Annaspando col becco
nel cercar respiro invano
mi mossi a dar conforto,
recitando il Mantra dolce
del Bhudda a compassione
del poverino malridotto e…
OM MANI PADME HUM,
OM MANI PADME HUM.
Nel gesto gentil vidi spirare
e immobile, restai congelato.
Il cuore mi si spezzò a metà,
una faglia si aprì nel petto
che mi rese triste e dolente.
Stradafacendo lo realizai
nel ricordo che si rievocò
rimestando ieri e presente.
Rividi morire mio padre!
e lo strazio si ripeté caldo,
prorompente e miserabile.
L' esperienza volli ricordare
poiché un piccolo essere
all' apparenza insignificante,
risveglio l' amore in persone
di passaggio quel giorno.
Il gabbiano inerme rimase
nel mio ricordo più vivido.
Insegnandomi quanto piccoli
siamo a cospetto della Madre.
Nulla siamo se non viandanti.


30/10/2016     di Sergio Carion


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